I AM WHAT I AM (Sobakasu, 2022, TAMADA Shinya)
Japanese Film Festival Online 2024
di Marcella Leonardi
Sono molti gli elementi che portano I am what I am a distinguersi dalla produzione “media” giapponese: lo scrupolo sociologico nell’analisi della società, in cui permangono pratiche obsolete quali i matrimoni combinati; la cura formale, memore di una classicità più volte ripercorsa mediante tecniche e stili; e infine la scelta di due star elettriche quali Miura Tōko e Maeda Atsuko, che accendono lo schermo anche nei passaggi meno riusciti del film.
La trentenne Kasumi lavora in un call center e vive ancora con la famiglia. La madre la assilla affinché si sposi, arrivando a organizzare un “omiai” (colloquio di matrimonio combinato), ma la ragazza ha un carattere libero e alieno da romanticismi. Aiutata dalla vivace amica Maho, la Kasumi trova la propria strada, lontano dalle aspettative sociali e dagli ideali imposti di amore e matrimonio.
Il film di Tamada Shinya è come la vita: talora appare slegato, altre volte vibra di senso, sorretto da stati d’animo ed emozioni che ne determinano l’andamento spezzato e interiore. Cinema libero di cui si avverte il respiro e la giovinezza, che però non dimentica la propria storia: alcune sequenze ripercorrono capolavori del passato – si pensi alle scene familiari, alla pressione materna affinché la trentenne Kasumi trovi un marito, alle pause lavorative nella terrazza dell’ufficio dove Kasumi e la sua collega parlano, ridono e si muovono dolcemente all’unisono. Tracce di Ozu, ma anche di Mizoguchi (ad esempio nelle passeggiate orizzontali riprese attraverso carrelli) e molta cura classicista nelle riprese in interni, inquadrati simmetricamente e con uno studio attento della profondità di campo.
Pareti, porte, elementi dell’arredo creano restringimenti di campo e concentrano l’attenzione dello spettatore sulla protagonista: una luminosa Miura Tōko, presenza carismatica e moderna, figura femminile assorta e dignitosa. C’è molta densità emotiva nel silenzi di Miura, carichi di segni, densi di una riflessione che sembra non abbandonare mai la ragazza. Il suo rapporto con il mondo è fatto di squilibri, decentrature, impossibilità di riconoscimento. Kasumi rigetta il percorso obbligato cui sembra destinata: l’amore, il romanticismo non rientrano tra i suoi obbiettivi né appartengono al suo essere. Nel rapporto con gli altri, la ragazza è alla ricerca di un’affettività libera, di corrispondenze percettive e fantastiche, senza l’assillo di sesso e relazioni. Ciò non significa che Kasumi trascuri la propria sensualità, espressa attraverso la musica, il piacere di profumi o suoni (si pensi al godimento che le procura la voce dell’amica Maho) o il gusto di una sigaretta fumata all’aperto, tra gli stimoli sensoriali della natura.
Il film procede per espisodi giustapposti, frammenti di vita che vanno a comporre il mondo di Kasumi e la sua esperienza delle cose. Ellissi, vuoti sono elementi costitutivi della libera struttura del film, privo di margini definiti, ma sempre pronto ad affacciarsi su un “limitare di gioventù” per poi cadere in un cielo libero e aperto, come suggerisce il finale del film.
Miura è il volto di questa libertà, e accanto a lei troviamo la sorridente Maho interpretata da Maeda, altra musa misteriosa del cinema giapponese, dal profondissimo sguardo che contraddice la graziosa fisicità da idol. Amata da registi quali Kurosawa Kiyoshi e Yamashita Nobuhiro, Maeda porta qui la sua presenza mutevole, con un personaggio di cui percepiamo le intime contraddizioni, le sofferenze e la lotta con le rigide imposizioni sociali. Kasumi e Maho incarnano il cambiamento in atto che si fa strada tra le maglie di un paese severo e contraddittorio. I am what I am, pur tra imperfezioni, ne coglie la tensione in una presa diretta irregolare e poetica.
Titolo originale:そばかす; regia: Tamada Shinya; sceneggiatura: Asada Atsushi; musica: Matsuno Izumi; interpreti: Miura Tōko; Maeda Atsuko; Itō Marika; produzione: (not) HEROINE movies; durata: 104’; prima uscita in Giappone: 16 dicembre 2022