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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

WE MADE A BEAUTIFUL BOUQUET (Hanatabamitai na koi o shita, DOI Nobuhiro, 2021)

Japanese Film Festival Online 2024

di Paolo Torino

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A quanti di voi sarà capitato di perdere l’ultimo treno? A molti, immagino. Bene, perché è proprio la perdita di un treno il motore della storia. Storia che, al volo, ne prende subito un altro, questa volta diretto alla fermata “film romantico”. La penna di Sakamoto Yūji – palma d’oro al festival di Cannes per Monster (Koreeda Hirokazu, 2023) – gestisce con sapienza i ritmi del racconto, senza mai farli deragliare in un punto preciso della storia tra i due protagonisti ma sparecchiando le carte nel momento in cui la stessa sembra arenarsi. We Made a Beautiful Bouquet racconta la relazione tra Mugi e Kinu nell’arco temporale che va dal 2015 al 2020, alternando quelle che sono le più stereotipate dinamiche “slice of life” alle altrettanto stereotipate dinamiche da love story. Ma, per dirla alla Umberto Eco: «due cliché ci fanno ridere, cento, invece, ci commuovono».

Stazione Meidaimae di Tokyo, 2015. Due giovani rincorrono l’ultimo treno, per poi accorgersi di averlo perso. Sono Mugi e Kinu. I due resteranno folgorati dall’altro ed è proprio quel treno perso che farà scattare la scintilla della love story tra i due. Love story che si svolgerà lungo l’arco di cinque anni, fino al 2020. Cinque anni in cui i due protagonisti dovranno in qualche modo far sì che gli ostacoli  delle loro vite private e professionali possano conciliarsi coi sentimenti che li legano. Il tutto tra non poche difficoltà.  

La storia di Mugi e di Kinu, è una love story che va avanti e indietro nel tempo, agganciandosi però a due momenti precisi: il primo è legato all’ascolto di musica con degli auricolari condivisi; il secondo, invece, alla cattura delle immagini da parte di Google per il suo “street view”. Questi due momenti sono i leitmotiv della storia e fanno sì che, attraverso di essi, i personaggi si accorgano della loro evoluzione sentimentale. Per quanto riguarda gli auricolari c’è questo mantra che viene ripetuto più volte nel tempo e da diversi personaggi: «non sono dei veri ascoltatori di musica». Questo perché l’audio mono viene bipartito in modo diverso dagli auricolari e per ottenere un’esperienza completa sarebbe necessario ascoltare musica utilizzando entrambe le cuffie. Condividendoli, invece, ogni ascoltare fruisce di un’esperienza e di una musica differente. In realtà il leitmotiv degli auricolari rappresenta la metafora del rapporto che hanno i due protagonisti: entrambi con problematiche simili, entrambi con la voglia di condividere tutto ma sullo sfondo la loro diversità di vedute che li porterà a un’inevitabile frattura. Dall’altra parte, invece, c’è il discorso sulla fissità delle immagini e sul loro potere di cristallizzare dei momenti e renderli eterni. Il protagonista Mugi è solito riguardarsi tramite lo street view di Google per poi esplodere di felicità quando si accorge di essere stato immortalato. Nel film si assiste, con precisione, a due di questi momenti, uno all’inizio e uno alla fine del racconto. Nel primo caso, Mugi corre ad esultare dal suo amico per essere stato fotografato da solo; nel secondo caso, invece, è immortalato mano nella mano con Kinu. Immortalato in un momento che resterà giocoforza cristallizzato in immagine. Perché la forza delle immagini, ma del cinema tutto, è proprio questa: fissare attimi e consegnarli all’eternità. E We Made a Beautiful Bouquet riesce a raccontare una storia d’amore proprio attraverso la forza euristica delle immagini. 

Titolo originale: 花束みたいな恋をした; regia: Doi Nobuhiro; sceneggiatura: Sakamoto Yūji; soggetto: Sakamoto Yūji; fotografia: Kamakari Yōichi; Interpreti: Yamane Mugi (Suda Masaki), Hachiya Kinu (Arimura Kasumi); produttori: Aruga Takatoshi, Tsuchii Tomoo; durata: 124’; prima uscita in Giappone: 29 gennaio 2021. 

 

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