Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico
THE CRAZY FAMILY (Gyakufunsha kazoku, ISHII Gakuryū, 1984)
SPECIALE ANNI OTTANTA
di Paolo Torino
Il cinema di Ishii Gakuryū – considerato il padre artistico di Tsukamoto Shin’ya – è costantemente sul punto di implodere: convulsi movimenti di camera, montaggio frenetico e musica rock. Il furore artistico che contraddistingue Ishii fin dalla folgorante opera d’esordio Crazy Thunder Road (Kuruizaki Sandā Rodō, 1980) perdura anche nei lavori seguenti ed ecco che la rabbia punk dei giovani ribelli mostrati nel film sopracitato e in Burst City (Bakuretsu Toshi Bāsuto Shiti, 1982) viene incanalata anche in The Crazy Family. La famiglia tradizionale giapponese si sgretola.
La famiglia Kobayashi rappresenta lo stereotipo della tipica “middleclass” giapponese: sogna un’abitazione in città, ha grande cura della propria immagine, accudisce i genitori e lavora con grande abnegazione affinché il proprio status resti intatto. La paranoia e l’alienazione crescono a dismisura, fino a far crollare tutto nel caos. L’unica cosa che può salvare questa ‘pazza famiglia’ è l’autodistruzione totale. Autodistruzione che porta inevitabilmente a costruire una nuova vita.
Gli anni Ottanta in Giappone sono particolari. Nel 1986 si crea una bolla speculativa che scoppierà a cavallo tra il 1989 e il 1991 causando una dura recessione economica. Già negli anni precedenti al disastro era possibile intercettarne i segnali e tra i più attenti, in ambito cinematografico, ci fu proprio Ishii Gakuryū (anticipò persino Tsukamoto e il suo Tetsuo: the iron man del 1989, sotto questo punto di vista).
The Crazy Family ci accompagna nel delirio interno di una famiglia alienata alla propria immagine sociale e la macchina da presa è l’anfitrione che permette allo spettatore di posare lo sguardo sulle dinamiche del microcosmo di casa Kobayashi. Uno sguardo che svela un film senza respiro, asfissiato da movimenti di camera frenetici tanto quanto il caos dilagante tra i membri della famiglia. Da questo punto di vista si potrebbe paragonare l’opera di Ishii a La Grande Abbuffata (La Grande Bouffe, Marco Ferreri, 1973): i punti di contatto sono molteplici, come per esempio il grottesco, l’alienazione, la perdita di umanità e, soprattutto, l’idea di ribaltare uno o più concetti prestabiliti: la famiglia e il nido familiare nel film nipponico; la bellezza e le virtù nell’opera ferreriana.
Il caos porta alla distruzione e The Crazy Family non può esimersi da questa regola. In seguito allo scontro fisico tra tutti i familiari, la casa viene inevitabilmente distrutta. La sequenza è eloquente: un primo totale mostra, con una vista a volo d’uccello, il quartiere; la seconda, invece, il crollo dell’abitazione dei Kobayashi. L’implosione della struttura viene aumentata attraverso un’altra implosione: quella dell’immagine. Un rapido montaggio mostra diversi punti di vista dell’abitazione distrutta, cambiando continuamente colorimetria. Un’operazione warholiana, o per meglio dire: come se Ishii serigrafasse Empire (id., Andy Warhol, 1965). D’altronde se quest’ultimo mostrava, volontariamente o meno, la potenza architettonica americana; il regista giapponese contrariamente, anticipava il crollo socio-economico che avrebbe colpito la Nazione nel 1986.
Titolo originale: 逆噴射家族 (Gyakufunsha Kazoku); regia: Ishii Gakuryū; sceneggiatura: Ishii Gakuryū, Kaminami Norio, Kobayashi Yoshinori; fotografia: Tamura Masaki; musica: 1984; interpreti: Kobayashi Katsuya (Kobayashi Katsukuni), Baishō Mitsuko (Kobayashi Saeko), Arizono Yoshiki (Kobayashi Masaki), Kudō Yūki (Kobayashi Erika), Ueki Hitoshi (Kobayashi Yasukune); produzione: Director’s Company, Art Theatre Guild (ATG); durata: 110’; anno di produzione: 1984; uscita in Giappone: 23 giugno 1984.