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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

THE FUNERAL (Osōshiki, ITAMI Jūzō, 1984)

SPECIALE ANNI OTTANTA

 

di Claudia Bertolé

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Il film si apre con la voce fuori campo del protagonista che racconta gli ultimi momenti di vita del suocero. Una sera l’uomo, di ritorno da una visita medica, vuole cucinare cibi prelibati, anguilla, avocado, suscitando lo stupore della moglie. Poi, durante la cena, insiste nel dire di sentirsi bene e di avere intenzione di vivere fino a centoventi anni, in compagnia di un’amante giovane. In serata accusa un malore e nonostante il trasporto in ospedale, non farà rientro a casa. Cibo, sesso e morte. Temi che torneranno nel cinema di Itami Jūzō, maestro della satira pungente, dallo sguardo lucido e ironico sulle miserie umane.

Alla morte del suocero a causa di un infarto, Inoue Wabisuke, la moglie Amamiya Chizuko e i familiari di lei, si riuniscono nella casa dove vivevano i due anziani, e dove si trova la madre della donna, Kikue. I familiari trascorrono insieme tre giorni durante i quali hanno luogo la veglia e la preparazione della cerimonia del funerale. Devono occuparsi di diverse incombenze: la bara, il sacerdote buddhista che officerà il rito, prendere atto e organizzare le scansioni del cerimoniale e della veglia. È un tempo/spazio in cui emergono ricordi, tensioni e nel quale si inserisce anche la giovane amante del protagonista. 

Prendendo spunto, a quanto si riporta, dall’esperienza personale del funerale del suocero, Itami esordisce a cinquant’anni dietro la macchina da presa con quest’opera per alcuni versi anticipatoria dei film che seguiranno, sia per le tematiche che per lo stile. 

Itami Jūzō, nome d’arte di Ikeuchi Yoshihiro, figlio di Itami Mansaku, cineasta attivo prima della Seconda guerra mondiale, è stato un attore (e anche documentarista televisivo per TV Man Union e traduttore di romanzi) prima che regista di film. Proprio sul set di Sing a Song of Sex (Nihon shunka kō, 1967) di Ōshima Nagisa aveva incontrato la moglie, Miyamoto Nobuko, presenza ricorrente nei suoi film. Sulla sua morte, classificata come suicidio (si gettò dal tetto del palazzo dove si trovava il suo ufficio), incombono però le ombre di un possibile coinvolgimento della yakuza, con la quale il regista aveva avuto problemi fin dall’uscita del suo film Minbo: the Gentle Art of Japanese Extortion (Minbō no onna, 1992).

The Funeral ebbe un enorme successo in Giappone, aggiudicandosi diversi premi dei Japanese Academy Awards, tra cui miglior film, miglior regista e miglior attore a Yamazaki Tsutomu. Il film descrive un tempo sospeso e scandito dalla suddivisione in giorni nella vita della coppia Wabisuke-Chizuko, entrambi attori, nel quale, come nel vetrino di un microscopio, vengono fatti risaltare i comportamenti dei singoli, la surrealtà delle situazioni – come il video che descrive il rituale che devono imparare – le tensioni represse che infine esplodono. Una ‘bolla’ temporale in cui anche l’emergere di memorie di famiglia è oggetto di un’ironia amara, come quando Chizuko ricorda che il padre, che gestiva un bordello dopo la guerra, le aveva dato il nome della sua prostituta preferita. La morte intanto è lì, presenza costante, in quella bara al centro della sala, davanti alla quale dispongono i loro futon la moglie e la figlia, e che sembra scrutare i presenti. 

Il gruppetto, spesso ripreso dal basso come se si trattasse di una soggettiva del defunto, si dibatte tra questioni organizzative ed economiche e il senso di una tradizione che ‘cola’ nel film quasi fosse un ingrediente reinterpretato, come quando l’officiante arriva in Rolls Royce e poi si appassiona per alcune piastrelle che rivestono un tavolo. Nessuno si salva dalla critica ironica del regista, non il fratello del defunto, pedante e a tratti ossessivo, e certamente non il protagonista, che vede apparire alla riunione anche la giovane amante. Proprio su di lei, vestale di una sensualità prorompente e aggressiva, che grida e strepita per attirare l’attenzione dell’amato, il film indugia in un lungo segmento, durante il quale la ragazza quasi costringe Wabisuke a fare sesso tra gli alberi del giardino che circonda la casa, mentre un montaggio alternato ci propone la moglie di lui che si dondola su un tronco fatto ad altalena in un movimento evocativamente ondulatorio.  

Chizuko è un personaggio cardine del film, anticipatorio di altri simili nei film successivi di Itami (penso, ma non solo, all’eroina del film che consacrò il successo anche internazionale di Itami, Tampopo, del 1985), figura femminile al centro del racconto che infine riassume in un gesto – la mano che stringe quella del marito mentre gli regala uno sguardo sognante – il ritorno ad una composizione dei rapporti, dopo la tempesta. 

 

 

Titolo originale: お葬式 (Osōshiki). Sceneggiatura e regia: Itami Jūzō; fotografia: Maeda Yonezō; montaggio: Suzuki Akira; musica: Yuasa Jōji; interpreti e personaggi: Yamazaki Tsutomu (Inoue Wabisuke)), Miyamoto Nobuko (Amamiya Chizuko), Sugai Kin (Amamiya Kikue), Ōtaki Hideji (Amamiya Shokichi), Edoya Nekohachi (Ebihara), Yuri Chikako (Ayako), Kaneda Akio (Fuku); produzione: Hosogoe Seigo. Uscita in Giappone: 17 novembre 1984. Durata: 124’.

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