ASURA (Ashura no gotoku, KOREEDA Hirokazu, 2025)
Sonatine Contemporanea
di Matteo Boscarol
Koreeda ritorna a cimentarsi con una serie, proprio con Netflix aveva realizzato The Makanai nel gennaio di due anni fa, e lo fa rifacendo una delle serie televisive più amate degli anni settanta e ottanta nel Sol Levante, Ashura no gotoku (1979-80). L’esplorazione dell’universo femminile e le relazioni all’interno di una famiglia giapponese, tematiche da sempre care e centrali nei lavori del cineasta, raggiungono qui vette che Koreeda ha toccato solo in alcuni dei suoi lungometraggi più celebrati e confermano la sua bravura nel saper lavorare e lasciar spazio al talento degli attori di cui si circonda.
La serie è la storia di quattro sorelle e di come le loro vite cambiano dopo la scoperta che il padre, ormai settantenne, ha un’amante con cui ha una relazione da più di dieci anni. Il termine Ashura, che dà il titolo alla serie, indica le divinità demoniache della cosmologia buddista e fa riferimento alle reazioni che la rivelazione riguardo al padre innesca in ognuna delle figlie, ma anche, se non soprattutto, alle turbolente relazioni fra tutti i membri della famiglia allargata. Takiko (Aoi Yū), la più timida del gruppo, è ancora single, Sakiko (Suzu Hirose) è la più giovane e lo spirito libero del gruppo, Tsunako (Miyazawa Rie) è la vedova ma in una relazione con un uomo sposato, mentre Makiko (Ono Machiko) è la madre di famiglia.
È abbastanza noto, si leggano a proposito le illuminanti pagine scritte dallo stesso Koreeda in Pensieri dal set (Cue Press, 2022), come la televisione dell’arcipelago durante gli anni Settanta, con i suoi programmi televisivi e serie (i cosiddetti dorama), abbia contribuito, assieme naturalmente ai lavori per il grande schermo, a plasmare l’immaginario del cineasta giapponese. In primis Sasaki Shōichirō con i suoi lavori quasi sperimentali a metà tra documentario e fiction, si veda almeno il sorprendente Yume no shima shōjo (Dream Island Girl, 1974), ma anche serie più popolari e destinate ad una fetta di pubblico più vasto. La fine degli anni Settanta e l’inizio degli ottanta è stato un momento florido per le serie andate in onda sul piccolo schermo giapponese, lavori che basavano la loro attrattiva principalmente sul lavoro di scrittura e sulla costruzione dei personaggi. Serie scaturite dall’immaginazione di grandi scrittori per la televisione come Kuramoto Sō, si ricordi qui almeno Kita no kuni kara (Dal paese del nord, 1981-82), una delle serie più popolari e amate di tutti i tempi nell’arcipelago, o appunto Ashura no gotoku, uscita dalla fantasia dalla scrittrice Mukōda Kuniko e andata in onda nel biennio 1979-80.
Koreeda e i suoi collaboratori decidono, forse una delle scelte più importanti per la riuscita del lavoro, di mantenere l’ambientazione della serie a fine anni Settanta. Questo permette al regista, che si è occupato anche della sceneggiatura e del montaggio, di ricalcare e ricreare quasi scena per scena, naturalmente con alcune differenze, la storia originale del telefilm del 1979. L’assenza dei telefonini o smartphone da cui rifuggono spesso i grandi autori per ragioni legate soprattutto alla narrazione, registi che ambientano quindi molti dei loro lungometraggi in tempi passati, per Koreeda si trasforma qui in un posizionamento centrale, per lo sviluppo della storia, del telefono fisso e delle conversazioni che avvengono attraverso di esso. Molte delle scene più importanti avvengono o sono preparate infatti, proprio da telefonate o dallo squillo dell’apparecchio, come ad esempio la telefonata ricevuta da Makiko da parte del marito che scatena i dubbi sulla sua fedeltà o quelle che avvengono e sottolineano altri momenti drammatici.
Con Asura Koreeda rende quindi omaggio all’originale e agli anni in cui fu girato, ma allo stesso tempo continua anche, con successo, l’esplorazione dell’universo familiare e specialmente quello femminile delle protagoniste, una delle tematiche più care al regista. Sono proprio le protagoniste femminili della serie e le loro non sempre facili relazioni che si tessono e si disfano durante il corso delle sette puntate, a essere uno degli elementi più affascinanti di Asura.
Koreeda si conferma ancora una volta così uno dei registi giapponesi più capaci di lavorare con protagoniste donne ed esaltare e lasciar spazio al loro talento attoriale. Tutti e quattro i personaggi principali e il loro rapporto sono davvero ben tratteggiati e l’alchimia fra le donne traspare in maniera evidente attraverso lo schermo soprattutto, uno dei cavalli di battaglia del regista, nelle scene di preparazione dei pasti. Il senso di comunità e convivialità che si crea attorno ai personaggi quando mangiano o sono indaffarati in cucina permette loro di aprirsi l’un l’altra e di scatenare ricordi, risentimenti o rinfacciare colpe passate.
Una menzione particolare va fatta per Aoi Yū, che interpreta la sorella più impacciata e perfettina Takiko, un personaggio molto difficile da portare in scena per la sua complessità. Like Asura (Ashura no gotoku, Morita Yoshimitsu), l’adattamento cinematografico del 2003, ad esempio, non riesce a rendere Takiko con altrettanta efficacia e alla fine la donna diventa quasi un personaggio comico. Questo anche perché la durata necessariamente più corta del lungometraggio non lascia spazio sufficiente alla sua maturazione e crescita, uno dei nodi centrali della storia, e al suo rapporto conflittuale con la sorella minore Sakiko. Ma il cast è d’eccezione non solo per le quattro attrici principali, anche gli altri interpreti si distinguono per le loro prove, Kunimura Jun nel ruolo del vecchio padre, Matsuda Ryūhei il maldestro Shizue, amico di Takiko, e Motoki Masahiro, il marito di Makiko.
Titolo originale: Ashura no gotoku; regia, montaggio e sceneggiatura: Koreeda Hirokazu; soggetto originale: Mukōda Kuniko; fotografia: Takimoto Mikiya; interpreti: Suzu Hirose (Sakiko), Miyazawa Rie (Tsunako), Ono Machiko (Makiko), Aoi Yū (Takiko), Motoki Masahiro (Takao), Matsuda Ryūhei (Shizuo), Kunimura Jun (Kotarō); produttori: Koreeda Hirokazu, Yagi Yasuo; prima uscita: 9 gennaio 2025; durata: sette episodi di 55-67’.