BLACK BOX DIARIES (id., ITŌ Shiori, 2024)
Sonatine Contemporanea
di Claudia Bertolé
Il racconto della violenza subita, la ricostruzione, la vicenda processuale e la rappresentazione mediatica: Black Box Diaries è il documentario di Itō Shiori sulla propria storia personale che ha suscitato emozioni, ma anche critiche, e a seguito del quale si sono aperti dibattiti, non ancora sopiti, tra i favorevoli e i detrattori. Perché in ballo non c’è solo un racconto drammatico di denuncia, ma anche la discussione aperta attorno al tema generale – e attuale – del consenso, di ciò che sia lecito o meno rendere pubblico quando non si dispone, da parte di chi potrebbe concederla, dell’autorizzazione a farlo.
Itō Shiori è una giovane giornalista esordiente quando nel 2015 viene violentata da Yamaguchi Noriyuki, un collega più anziano e vicino all’allora primo ministro Abe Shinzō. Decide di esporsi e denunciare lo stupro. La sua è una lunga battaglia nei confronti del sistema giudiziario giapponese, delle istituzioni, anche dell’opinione pubblica e dei molti in Giappone che non vorrebbero che una storia di abusi sessuali venisse resa pubblica e apertamente denunciata. Il documentario, realizzato dalla stessa giornalista, ricostruisce il percorso personale, le indagini effettuate in prima persona per raccogliere elementi utili all’azione giudiziaria, racconta dei momenti di sconforto e del coraggio necessario per combattere e ottenere giustizia in un contesto che si manifesta ostile.
«Se si aspetta sempre che sia qualcun altro a parlare, le cose non cambieranno mai».
Itō Shiori lo dichiara nel libro autobiografico Black Box, pubblicato nel 2017, il racconto della propria drammatica esperienza scritto prima del documentario che arriva a concludere il resoconto della vicenda giudiziaria. Itō Shiori parla e di certo la sua esternazione e la sua battaglia sono un traguardo indiscutibile in un sistema che sembra votato ad autoproteggersi piuttosto che assicurare giustizia alle vittime di reati sessuali. ‘Sistema’ in senso ampio: in uno dei primi messaggi vocali proposti nel film la sorella, saputo delle sue intenzioni di proseguire nella denuncia, le esterna la sua preoccupazione: «Verrai stigmatizzata, non mostrare il volto». È ciò che succederà, da parte delle autorità, del mondo politico, della società, dei media.
Black Box Diaries è un’opera quindi senza dubbio importante, che però fa riflettere anche su altri aspetti. Nel film viene mostrata una lunga intervista carpita dalla stessa Itō Shiori al tassista che la sera della violenza aveva caricato sulla propria autovettura lei e Yamaguchi e la cui pubblicazione risulterà non essere stata autorizzata dallo stesso, così come privi di consenso alla divulgazione sono i brani dei colloqui con la legale incaricata di assisterla. Un punto cruciale poi del documentario è quello che riguarda alcuni frammenti tratti dai video delle telecamere esterne all’albergo nel quale viene consumata la violenza, che testimoniano dell’arrivo in taxi dei due e del palese stato confusionale della ragazza che viene praticamente trascinata dall’uomo all’interno dell’edificio. Anche questi video sono risultati non autorizzati, e hanno alimentato le critiche nei confronti della giornalista che se da un lato si ritiene da molti giustificata per averli inclusi nel documentario nell’ottica di rendere nota la vicenda nella sua completezza, dall’altro, proprio perché giornalista oltre che vittima, avrebbe secondo alcuni dovuto tutelare le proprie fonti evitando di esporle a ripercussioni. Il racconto inoltre è fortemente modulato sul piano emozionale, con un insistente utilizzo di primi piani, o lunghi momenti di pianto che nel complesso dell’opera non aggiungono nulla alla drammaticità della storia.
Titolo originale: Black Box Diaries; regia: Itō Shiori; fotografia: Itō Shiori, Hanna Aqvilin, Okamura Yūta, Ōtsuka Yūichirō; montaggio: Yamazaki Ema Ryan; musica: Mark Degli Antoni; produzione: Hanashi Films, Cineric Creative, Star Sands, Spark Features; prima uscita: 20 gennaio 2024 (Sundance Film Festival); durata: 103’.