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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

DRIVE MY CAR (Doraibu mai kā, HAMAGUCHI Ryūsuke, 2021)

SPECIALE HAMAGUCHI RYŪSUKE

Premio Oscar al Miglior Film Internazionale 2022

Premio alla Miglior Sceneggiatura al Festival di Cannes 2021

★★★★★



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«Come spiegarle…. È possibile che ci fosse in me un angolo cieco a cui non potevo sfuggire».

Dopo il successo di Il gioco del destino e della fantasia (premio della Giuria alla Berlinale di quest’anno), il regista Hamaguchi Ryūsuke accompagna lo spettatore in un road movie dell’anima, attraverso gli angoli bui dello spirito. I luoghi in cui la morte attrae, ma dai quali si può uscire, come un’auto che all’improvviso sbuchi fuori da una galleria per ritrovarsi sotto una pioggia vitale e purificatrice.
Il film è tratto dal racconto omonimo di Murakami Haruki, ed anche da Shahrazād, inseriti entrambi nella raccolta Uomini senza donne (2014). Kafuku Yūsuke è un attore e regista teatrale, sposato con Oto, sceneggiatrice. Un giorno scopre per caso che la moglie lo tradisce, ma non la affronta, e quando lei improvvisamente muore, il peso dell’irrisolto della relazione si fonde dolorosamente a quello della perdita. Tempo dopo Kafuku lavora all’allestimento di Zio Vanja a Hiroshima: gli organizzatori del festival gli assegnano come autista Misaki, una ragazza schiva, che però è molto portata per la guida. Il protagonista, mentre si sposta in auto verso il teatro, recita il testo di Čechov come un mantra, duettando con la voce della moglie incisa su una audiocassetta. 
Hamaguchi intesse in quasi tre ore una trama di sesso e morte, con la quale si riflette sul ruolo del teatro e della rappresentazione in generale, che si regge sulla forza delle parole – non solo nella varietà linguistica degli attori in scena, ma anche nella traduzione del linguaggio dei segni, utilizzato da una delle attrici -, declinando gesti e silenzi, maschile e femminile, offrendo riflessi che aprono a scenari immaginari o premonitori. Il regista gioca sui ritmi, tiene a distanza. Il segmento di apertura è per una donna, Oto, in controluce, di fronte a una finestra che grate scure scompongono in riquadri luminosi. È il momento in cui lei e il marito, dopo aver fatto l’amore, condividono un’intimità che qui appare più che mai velata da un senso di morte (la figura di lei non illuminata, il presagio della morte imminente, più avanti sarà la sua voce incisa e riascoltata ancora e ancora, come provenisse da un altrove indefinito e ultraterreno). 
Oto dopo il sesso ama costruire storie. Le racconta al marito (e, si scoprirà, anche all’amante): le sue parole prendono vita e si intrecciano al dolore/piacere del momento. Parole taumaturgiche, come osserverà a un certo punto lo stesso Kafuku. Il sesso raccontato, o meglio, letto dalla studentessa che in Il gioco del destino e della fantasia metteva alla prova il professore, qui si fa atto intrecciato alla narrazione, un filo immaginario che lega i destini. 
L’abitacolo della Saab 900 rossa – auto d’altri tempi, così come i supporti audio utilizzati dall’attore -, è, per Kafuku e Misaki, il luogo dell’elaborazione dei rispettivi dolori: non è l’astronave eccentrica a forma di casa anni Cinquanta di The Whispering Star, film di Sono Sion del 2015, con la quale una donna androide recapitava oggetti-memoria agli umani dispersi nel cosmo, ma è pur sempre un veicolo retrò che racchiude ricordi, condotto con professionale perizia da una altrettanto algida figura di autista. Finirà per “approdare” non su un pianeta che si presentava come il deserto devastato di Fukushima, ma in un Hokkaido gelido e innevato, in uno scenario che porta anch’esso i segni della tragedia.
L’elaborazione del dolore avvicina gli esseri umani e così, in un rimando a Ozu, le mani di Kafuku e di Misaki, stringendo ciascuna la propria sigaretta, si alzano verso il cielo notturno, fuori dal tettuccio dell’auto, in un movimento sincrono che parla di affinità e di un comune sentire. 
Il viaggio tra il reale e l’immaginario, tra la rappresentazione e il riflesso, arriva a un qualche compimento: il confronto con la perdita, la vita ritrovata. Con la consapevolezza infine degli inevitabili, imperscrutabili, angoli ciechi.

Claudia Bertolé


Titolo originale: ドライブ・マイ・カー (Doraibu mai kā); regia: Hamaguchi Ryūsuke; sceneggiatura: Hamaguchi Ryūsuke, Oe Takamasa; fotografia: Shinomiya Hidetoshi; montaggio: Yamazaki Azusa; musica: Ishibashi Eiko; interpreti: Nishijima Hidetoshi (Kafuku Yūsuke), Miura Tōko (Watari Misaki), Kirishima Reika (Kafuku Oto), Okada Masaki (Takatsuki Kōji), Sonia Yuan (Janice Chan), Yoo-rim Park (Lee Yoon-a), Dae-young Jin (Kon Yoon-su), Abe Satoko (Yuhara); produzione: C&I Entertainment, Culture Entertainment, Bitters End; durata: 179’; prima uscita in Giappone: 20 agosto 2021; distribuito in Italia da: Tucker Film.

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