RIDE OR DIE (Kanojo, HIROKI Ryūichi, 2021)
Disponibile su Netflix
★★★½
Ma torniamo al piano sequenza che apre il film: in una Tokyo livida e notturna, un taxi si ferma davanti a un locale. Ne scende una donna che si dirige all’interno, seguita dalla macchina da presa, presenza discreta che si intrufola tra tavolini e persone che ballano, terminando la sua corsa davanti al bancone di un american bar. La donna si siede e abborda senza mezzi termini un uomo seduto accanto a lei. Dopo due shot di tequila finiscono a letto nell’appartamento dell’uomo perché, come afferma lei, “mi eccita fare sesso nella casa di un uomo rassettata dalla moglie”.
Sarà un caso, ma la donna si chiama Rei Nagasawa, lo stesso nome della protagonista di Vibrator (2003), Rei Hayakawa, uno tra i film più significativi e intensi di Hiroki. Che cos’hanno in comune le due Rei? Senza dubbio la fuga, organizzata e obbligata in Ride or Die, disorganizzata e aleatoria in Vibrator, la difficoltà nei rapporti, le “voci di dentro” di Rei Hayakawa, la sessualità e l’omosessualità di Rei Nagasawa, temi ricorrenti nel cinema di Hiroki. Ma le affinità si fermano qui, troppe sono le differenze tra i due film, separati da quasi vent’anni. Ride or Die è un film dal notevole sforzo produttivo, persino troppo levigato, nella sua fotografia notturna che ci restituisce una Tokyo quanto mai seducente, nella costruzione di un road movie troppo spesso condito da hit occidentali, dalla coppia femminile che sembra strizzare l’occhio a Thelma e Louise.
L’impressione è quella di un’occasione mancata, di un’opera che ha momenti straordinari come la prima sequenza che si conclude tragicamente nella casa dell’amante misterioso; nel rapporto tra Rei e Nanae continuamente messo alla prova dalle reazioni e dalle provocazioni di ognuna nei confronti dell’altra; nella telefonata tra Rei e la sua fidanzata ufficiale, in cui quest’ultima capisce che Rei non tornerà più ma che, nonostante questo tradimento, la ringrazia, dicendole perché grazie a lei è contenta di essere nata gay. E poi ci sono momenti francamente che rasentano lo stucchevole, in cui la fuga di Rei e Nanae perde tutta la sua carica dirompente e autodistruttiva per diventare un gioco di due innamorate in cerca di risposte e conferme reciproche. Nonostante questi peccati veniali, Hiroki dimostra tutta la sua straordinaria sensibilità e lucidità nel filmare le scene di sesso: è in questi momenti che Rei e Nanae si ritrovano una nell’altra dopo dieci anni di silenzio, è in questi momenti che il sacrificio di Rei si carica di senso gettando una luce che rischiara i flashback in cui, ragazzine al liceo, si studiavano a vicenda nell’esercizio di un ritratto. Vibrazioni che, per fortuna, in Ride or Die, pulsano ancora ma che, in parte, Hiroki sembra aver smarrito per strada.
Valerio Costanzia
Titolo originale: 彼女 (Kanojo); regia: Hiroki Ryūichi; sceneggiatura: Kikkawa Nami, dalla serie manga Gunjō di Nakamura Ching; fotografia: Kuwabara Tadashi; montaggio: Nomoto Minoru; scenografia: Maruo Tomoyuki; musica: Moriyama Koki, Hosono Haruomi; interpreti: Mizuhara Kiko (Nagasawa Rei), Satō Honami (Shinoda Nanae), Niiro Shin’ya (Shinoda Kotarō), Tanaka Shunsuke (Nagasawa Masato), Karasuma Setsuko (Òe Ichiko); produzione: Studio3 Production; durata: 142’.