God Seeks in Return (Kami wa Mikaeri wo Motomeru, YOSHIDA Keisuke, 2022)
Sonatine Contemporanea
di Davide Parpinel
Nell’ultimo film diretto da Yoshida Keisuke un personaggio dice a un altro personaggio frasi come: “Sei andata troppo oltre nel calpestare la buona volontà”, o anche: “La gentilezza non si ripaga con l’ostilità” a cui si aggiunge “Quello che intendo è almeno mostrare un po’ di sincerità verso la gentilezza ricevuta” e infine: “Nei momenti difficili entrambe le parti dovrebbero aiutarsi a vicenda”. Frasi semplici, traboccanti di dramma.
Naoki Tamogami è un umile impiegato di mezza età che una sera vede in locale una ragazza ubriaca accasciata per terra. Le presta, quindi, il suo aiuto e scopre, parlando anche con gli amici, che quella ragazza è Yuri un’aspirante YouTuber abbastanza sfortunata che sogna il video virale per liberarsi definitivamente dal suo lavoro in un call center. Naoki non ha molto da offrire alla ragazza se non il suo aiuto nel creare questi video indossando un costume da orco, e le sue capacità di editing video. Il successo ancora non arriva, ma la riconoscenza della ragazza è molta nei confronti dell’uomo e comincia, infatti, a chiamarlo “Kami” (Dio) storpiando un po’ l’ultimo Kanji del suo cognome. Un giorno, però, Yuri incontra un duo di YouTuber molto famoso che la esorta a migliorare la sua estetica e i suoi filmati. Il successo esplode e la giovane volta nettamente le spalle a Naoki. Se all’inizio quest’ultimo appare remissivo e accondiscendente nei confronti del cambio di atteggiamento di Yuri al limite dello snobismo, successivamente grossi guai finanziari spingono l’uomo a stravolgere la sua vita e a rivendicare l’aiuto fornito, fino a usare i social network come una pericolosa arma.
Il dramma al centro di God Seeks in Return è emotivamente forte. Diventa palpabile nel momento dell’allontanamento dalla vita, non solo professionale, di Yuri del disponibile Naoki che si è prodigato non poco nei suoi confronti. Tali istanti sono ripresi dalla macchina da presa di Yoshida non con grida o scene madri, ma attraverso il confronto tra l’uomo e la donna da cui emergono le loro parole urlate quando necessario, e i loro sguardi. Tutti questi frammenti recitativi sommati creano il dramma. E nel dramma lo spettatore sente il dolore dell’uomo che si mostra nel suo sguardo perso e rassegnato, deluso dal voltafaccia della ragazza, smaniosa di successo e di soldi al punto da utilizzare il bodypainting per qualche “like” in più. In questo confronto, il regista inquadra lateralmente e frontalmente i due volti: gli occhi appesantiti dalla tristezza di Mr. Tamogami e quello sprezzante, fiero, altezzoso, anche sfidante della giovane YouTuber. Il suo comportamento è stato meschino? Dunque, quando all’inizio della pellicola Yuri è in difficoltà e sente la sua vita non realizzata, il supporto di Naoki sancisce una collaborazione molto stretta. Seguono nel film immagini di video girati con entusiasmo, felicità, coinvolgimento e anche le espressioni dei volti dei due protagonisti appaiono radiose; la giovane ragazza è riconoscente, molto grata all’uomo, tanto da appellarlo come un Dio. Appena, però, raggiunge il successo (non grazie all’uomo ma scegliendo la strada più facile ossia farsi lanciare da qualcuno di più famoso), muta terribilmente. E anche qui, la prova è nello sguardo di Yuri: se prima lei è triste e naturalmente felice, ora i suoi occhi appaiono strafottenti e falsi. Tale superiorità si accentua quando l’anima buona di Naoki si trova in una difficoltà economica rilevante in quanto una persona a cui aveva prestato dei soldi si suicida e quindi l’uomo è costretto a coprirne i debiti. Mr. Tamogami ha bisogno di soldi e quindi è obbligato ad andare dalla sua ex collaboratrice, nonché amica (?), per chiederle non di pagarlo per il tempo a lei dedicato in passato, ma almeno per concedergli un prestito. Qui in un dialogo in un ristorante, seduti l’uno di fronte all’altro Naoki si esprime con le frasi riportate qui sopra, passando da una discussione che se all’inizio parla di soldi, poi si focalizza sulla mancanza di riconoscenza e rispetto. La ragazza, infatti, non si limita ad allontanare Naoki, ma lo accusa anche di avere dei gusti poco vicini allo stile del web di oggi in materia di scelte video, per essere, invece, antichi e infantili, e condanna la sua scelta di metterle accanto la buffa maschera dell’orco. Insomma l’azzeramento morale di Naoki Tamogami è compiuto. Ricapitolando, God Seeks in Return attraversa diverse fasi narrative. Dopo quella di aiuto, definiamola così, e successivamente quella di rifiuto, c’è una terza fase, quella della rivendicazione estrema che scaturisce proprio dai problemi economici di Naoki. Nel suo sentirsi calpestato, prima segue ossessivamente la ragazza, minacciandola con il suo sguardo pungente, mettendole ansia e pressione che però non sconfina mai nella tensione del thriller, ma trova giustificazione, per quanto ossessiva sia, nel torto subito. Poi, ad aggravare il dramma, l’uomo instaura una guerra a colpi di video in cui offende Yuri e smaschera i segreti del suo successo, partendo proprio dal fatto di essersi approfittato di lui. La battaglia si accende e a un video di Naoki il quale, non a caso, si fa chiamare Dio e appare sullo schermo con un passamontagna e un cappello, Yuri risponde con tutta la patina artificiosa dei video di YouTube. Parole scritte sullo sfondo, effetti comici visivi e acustici, un linguaggio quasi paradossale e l’ostentata e finta felicità della ragazza che si riversa anche nelle relazioni sociali della sua vita. Yoshida filma questa parte come un duello, fatto di scontri a colpi (bassissimi) di video registrati su smartphone appoggiati su un bastone per fotografarsi con cui, in una scena, i due protagonisti giungono fisicamente a fronteggiarsi. Il delirio del potere del web, la schiavitù delle visualizzazioni prevarica la sete di vendetta di Naoki che, acceso della rabbia, tralascia il lavoro e si trova in preda al delirio dei leoni da tastiera, palesati anche per strada. Il dramma raggiunge al suo apice e il dolore lascia il passo alla disperazione più netta, che il regista osserva e registra stando a fianco di Naoki e Yuri, ma anche montando i video da loro girati all’interno della narrazione, e infine togliendo al film i suoni e la musica. Non c’è sottofondo nella narrazione, infatti, ma sono le parole taglienti ed efferate urlate e rinfacciate che si impossessano del sonoro. Questo è certamente l’elemento linguistico fondamentale del film che porta all’emersione del suo significato. Mentre i due protagonisti si spingono sempre più nell’irrazionale e superano il segno della decenza, lo spettatore si domanda che senso ha fingersi qualcosa che non si è? Qual è il prezzo da pagare per apparire un’immagine sul web che non corrisponde alla vera natura? Buona volontà, impegno, voglia di aiutare sono valori ancora importanti in questa contemporaneità? La risposta di Yoshida è molto negativa. Sembra voler dire che la vita di tutti i giorni porta l’essere umano a non poter fare più nulla per magnanimità, ma sempre in cambio di qualcosa, esattamente come sintetizza il titolo del film che in giapponese funziona meglio rispetto all’inglese: Dio si aspetta qualcosa in cambio.
Titolo originale: 神は見返りを求める (Kami wa Mikaeri wo Motomeru); sceneggiatura e regia: Yoshida Keisuke; fotografia: Shida Takayuki; montaggio: Tamaki Genta; musiche: Nozomi Sato; scenografo: Nakagawa Rihito; interpreti: Muro Tsuyoshi (Tamogami Naoki), Kishii Yukino (Kawai Yuri), Wakaba Ryuya (Umekawa), Yoshimura Kaito (Chorei); Yanagi Shuntaro (Murakami); produzione: Shibahara Yuichi, Hanada Takashi; prima uscita in Giappone: 24 giugno 2022; durata: 105’