Going my Home – Episodi 8-9. Regia e sceneggiatura: Koreeda Hirokazu. Musica: Makihara Noriyuki. Interpreti e personaggi: Abe Hiroshi (Tsuboi Ryota), Yamaguchi Tomoko (Tsuboi Sae), Makita Aju (Tsuboi Moe), Miyazaki Aoi (Shimojima Naho), YOU (Ito Takiko), Yasuda Ken (Ito Kenji), Arai Hirofumi (Sanada Shun), Bakarhythm (Kobayashi Satoru), Natsuyagi Isao (Tsuboi Eisuke), Abe Sadao (Tokunaga Taro), Yoshiyuki Kazuko (Tsuboi Toshiko), Nishida Toshiyuki (Torii Osamu). Produzione: Toyofuku Yoko, Kumagai Kiichi. Durata: 46’. Periodo di trasmissione della serie alla tv giapponese: 9 Ottobre 2012 – 18 Dicembre 2012.
Link: Sito ufficiale – Youtube (è disponibile l’intero drama, sottotitolato in inglese)
I piccoli kuna che popolano i sogni di Ryota si lamentano per la sua scarsa attenzione agli sprechi energetici (non spegne la luce mentre dorme) e per lo strepito che fa camminando…
Nel frattempo i vari componenti della famiglia Tsuboi sono coinvolti dalle proprie attività ed incombenze: Moe è a scuola, anche se è palese che sia ancora turbata dalla morte della compagna di classe; Sae sta pensando al menu da preparare per il giorno dell’”evento-kuna”; Ryota cerca di mediare tra la sorella – che ha di nuovo deciso, come aveva già fatto in passato, di andarsene per un po’ da casa – ed il marito.
Partono poi tutti e tre, Ryota, Sae e Moe, per Nagano, per dare il loro contributo all’organizzazione della giornata dedicata alla ricerca dei kuna. Intanto Naho ha deciso di incontrare il padre di Daichi: un giorno si reca da sola nel luogo dove l’uomo lavora e lo affronta. Lui le spiega che se ne è andato perché voleva ricominciare, e, le dice, non ha rimpianti.
Il secondo episodio inizia con Sae che, per preparare uno dei suoi manicaretti, va, con il marito e la figlia, da un produttore di miso (sostanza ottenuta dai semi della soia) che mostra loro il procedimento per ottenerlo . Moe poi, in un momento in cui pensa che il centro kuna sia deserto, ripone al suo posto la statuetta che aveva sottratto. Proprio mentre è lì arriva il dentista e allora la bambina gli confida che teme per l’imminente morte del nonno.
Arriva finalmente il giorno tanto atteso della ricerca dei kuna. Al mattino a colazione Ryota confida a Sae e Moe che sogna da tempo i piccoli esseri (anche la notte prima). Più tardi Naho dà ufficialmente inizio alla ricerca: i vari partecipanti si incamminano verso la foresta, mentre gli “organizzatori” si fermano in uno spiazzo dove cominciano (soprattutto Sae e la sua assistente, arrivata per l’occasione) a preparare il pranzo. Il bosco si popola dei ricercatori: il giornalista bizzarro, l’infermiera, un tipo buffo che si traveste da fungo per attirare i kuna, il “ricercatore” esperto… Interrompono le operazioni solo per gustare i prelibati onigiri spalmati di pasta di miso, preparati da Sae, ma nonostante gli sforzi, al termine della giornata nessun kuna ha fatto la sua apparizione. Anche Ryota, incoraggiato dal fatto che uno dei piccoli cappelli a cono che ha trovato sembra essere molto diverso da quelli preparati dal “ricercatore”, partecipa con Sanada alla “caccia”. Alla sera il piccolo gruppetto formato da Ryota e famiglia, Sanada, Naho e suo padre, finisce per caso in una radura cosparsa di campanule che il dentista sembra riconoscere come un luogo nel quale era già stato in passato, quando era giovane, insieme a Eisuke e alla madre di Naho.
Proprio al termine della giornata Ryota riceve una telefonata allarmante dalla madre, riguardo al padre.
«Gli esseri umani sono così fastidiosi» commenta il kuna che vive sotto il divano di Ryota o, per la precisione, nei sogni della sua mente. Il piccolo essere dà corpo e voce ai timori e alle sensazioni dell’uomo ed infatti, in un sogno successivo, noterà: «ci sono cose molto più spaventose, lì fuori, che non puoi vedere…». Al di là del facile rimando al «ci sono più cose in terra e in cielo, Orazio…» dell’Amletoshakesperiano, è come se il kuna fosse una sorta di “inconscio” di Ryota, che attraverso i colloqui onirici lo mette di fronte ai suoi stessi pensieri e alle sue paure.
Il tema della morte incombe su entrambi gli episodi. Moe dimostra di essere ancora profondamente turbata dalla scomparsa dell’amichetta: in classe fa riferimento ad una fiaba che avevano studiato un mese prima e nella quale uno dei personaggi doveva confrontarsi con una perdita affettiva. La bambina, lo aveva già dimostrato con il recupero del banco della compagna, non sembra accettare il fenomeno della “rimozione” dell’evento morte o del ricordo di coloro che sono deceduti. Anche nel momento in cui si trova da sola con il padre di Naho, accenna subito alla possibile morte del nonno.
La ricerca è l’evento portante dei due episodi: se ne conclude la preparazione nel primo e se ne darà compimento nel secondo. È un evento che viene presentato quasi in tono fantasy. In primo luogo per la “compagnia”, formata non solo dai “leader” quasi carismatici come Ryota o Naho, ma anche da personaggi dai tratti ironici e surreali, come l’esperto di trappole per kuna, l’infermiera che ha portato con sé piccoli vestiti per attirare l’attenzione delle creature, il giovane naïf che si traveste da fungo indossando un ridicolo copricapo e gonfiando le gote. C’è poi il riferimento chiaro al libro L’hobbit di Tolkien, quello che Moe ha preso in prestito da Megumi e non è riuscita a restituirle. Infine i personaggi si ritrovano, dopo aver smarrito la strada, in una classica radura incantata, che, dalle parole del dentista, sembra emergere direttamente dal passato o addirittura da un mondo parallelo: «questo non è un luogo dove gli esseri umani dovrebbero rimanere a lungo», osserva l’uomo.
Non mancano i rimandi a personaggi di altre opere di Koreeda. La sorella di Ryota ricorda in modo chiaro Keiko, la madre dei quattro sfortunati fratelli di Nobody Knows. La donna (che, come Keiko, è interpretata dall’attrice You) ad un certo punto se ne va da casa abbandonando marito e figli. I due bambini, che Ryota va a trovare, sembrano rassegnati all’idea che la madre ogni tanto si assenti, essendo la quarta volta che succede. Del resto la stessa Takiko, nel momento in cui incontra il fratello, è molto decisa nel sostenere di «non voler sacrificare la propria vita per i bambini», con ciò stabilendo un palese parallelo con l’altro personaggio, che si assentava da casa per inseguire il proprio sogno di una relazione sentimentale che la appagasse, senza curarsi del destino dei propri figli.
Un altro interessante accenno è quello che fa la madre di Ryota, durante uno dei colloqui con la figlia. Le due donne stanno parlando a proposito del fatto che l’uomo sia di nuovo partito per Nagano, secondo loro a causa di una “simpatia” nei confronti di Naho. Entrambe sono d’accordo che il suo comportamento sia del tutto simile, in questa sua sensibilità nei confronti della bellezza femminile, a quello del padre. I loro discorsi sembrano rimandare al tema portante dell’ultimo film di Koreeda, Like Father, Like Son, che tratta, appunto, del significato profondo del legame tra padre e figlio.
Fa infine la sua apparizione l’uomo del passato di Naho, il padre di Daichi, ed è un passato non piacevole per la ragazza che decide di affrontarlo, in quanto lui non dimostra alcun interesse nel tornare da lei o dal figlio che ha abbandonato.[Claudia Bertolè]