Hâdo romanchikkâ (ハードロマンチッカー, Hard Romantiker)
Hādo romanchikkā (ハードロマンチッカー, Hard Romantiker). Regia: Gu Su-yeon. Soggetto: da un romanzo di Gu Suyeon. Sceneggiatura: Gu Mitsumori. Fotografia (colore): Mushū Hideyuki. Scenografia: Nakame Toshiharu. Montaggio: Wakabayashi Kazuhisa, Watanabe Katsurō. Musica: Wada Kaori. Interpreti e personaggi: Matsuda Shōta (Gu), Ashina Sei, Nagayama Kento (Tatsu), Emoto Tokio (Masaru), Sei Ashina (Natsuko), Watanabe Atsuro (il poliziotto). Produzione: Tōei, Kinoshita Group, Kadokawa Haruki Office. Durata: 109’. Prima uscita nelle sale giapponesi: 26 novembre 2011.
Punteggio ★★★
Regista e romanziere, nato in Giappone ma di origini coreane, Gu Su-yeon (1961), realizza con Hard Romanticker il suo terzo film, un’opera decisamente più dura che romantica. Sullo sfondo, semi autobiografico, di violenti scontri fra giovani giapponesi e coetanei di origini coreane, il film narra, con una certa complessità d’intreccio e andirivieni temporali, la storia di un giovane ribelle, Gu, dai capelli biondi e dallo sguardo freddo, che non vuole suscitare alcun sentimento d’empatia da parte dello spettatore. Una vecchia massacrata per errore a colpi di bastone, una ragazza duramente pestata sulle scale di una scuola, due studentesse drogate e poi più volte violentate non sono che alcune delle situazioni che il film mette in scena con un sadismo a tratti difficilmente sopportabile. Come vogliono però certe tendenze diffuse nel cinema contemporaneo (Tarantino docet), queste ed altre efferatezze sono stemperate da diverse soluzioni ironiche, affidate sia a determinati personaggi (come quello della zia di Gu), sia a certe situazioni paradossali (l’amico di Gu che, ad esempio, si fa restituire con una certa imbarazzata ritrosia il casco con cui questi ha appena finito di massacrare un giovane stupratore). Più interessanti dei contenuti risultano probabilmente le scelte di regia e messinscena, a partire dalla ricorrenza di fissi long take che nella loro ieratica indifferenza contrastano e danno un sapore particolare alle movimentate zuffe che si succedono a ripetizione, creando così un evidente e voluto conflitto tra uno sguardo pacato e stabile, da una parte, e dei fatti violenti e molto mossi, dall’altra. Di un certo interesse anche il lavoro sul fuori campo e, più precisamente, sul gioco delle entrate e delle uscite dal quadro, come accade ripetutamente in molte immagini che si aprono nel vuoto, si riempiono di diversi personaggi, per poi tornare a vuotarsi nel loro epilogo. O ancora, con effetti in questo caso quasi comici, quando il poliziotto, che segue Gu e l’amico lungo le viuzze del quartiere, esce ed entra continuamente in campo nel tentativo di non farsi scorgere dai due giovani malviventi. Hard Romanticker è stato presentato ai festival di Pusan e Udine. [Dario Tomasi].