THE CHEF OF SOUTH POLAR (Nankyoku ryōrinin, OKITA Shūichi, 2009)
SPECIALE OKITA SHŪICHI
★★★½
In mezzo all’Antartide, nell’isolata stazione Dome Fuji, otto uomini si ritrovano a dover convivere per un lungo periodo, mentre si svolgono delle ricerche scientifiche sul clima. Nishimura Jun è cuoco in un contesto in cui il cibarsi assume molteplici sfumature: da rituale a festeggiamento, da passatempo a fonte di disturbo del sonno. Infatti la minuziosa preparazione, con cura per i dettagli, e il consumo dei pasti sono situazioni privilegiate del film, il quale prende avvio proprio dal punto di vista di Nishimura e dalla sua voce narrante che presenta i commensali.
Come spesso accade quando l’ambientazione è uno spazio limitato e isolato, molto dipende dalla relazione fra i personaggi e da meccanismi narrativi che innescano ripetizioni e variazioni. È vero che il centro di ricerca è anche una prigione dalla quale, sin dalle prime battute, si vuole fuggire; è il luogo della disperazione, dove Kavamura, dopo essere stato lasciato dalla sua donna per telefono, nella notte di bufera, urla guardando un buio orizzonte. Ma è soprattutto un’atmosfera conviviale e ludica, quella che Okita ritrae in questo suo film. In effetti i protagonisti trascorrono molto più tempo a giocare che a lavorare. Dai giochi da tavola, al bowling, al baseball, ma anche la cottura della carne può diventare un gioco di inseguimento all’aria aperta e i litigi si risolvono in gag, come quando Mikoshiba, sorpreso nella doccia, scappa nudo inseguito da Hirabayashi. Tuttavia non è la continua ricerca dell’effetto comico che compone il tessuto del film, piuttosto la regia tenta di cogliere con umorismo i personaggi e le normali situazioni quotidiane. Nello spazio condiviso del bagno sono la ripetizione e la dilatazione temporale che connotano con ironia una certa idea della convivenza. L’esercizio fisico è un’altra attività abituale che vede dei goffi personaggi imitare le ginnaste di un programma registrato su VHS. La musica contribuisce a creare un tono incalzante nell’incipit, durante la presentazione dei personaggi o di ironico contrasto al risveglio, quando Mozart accompagna l’attraversamento del corridoio che conduce al bagno, oppure con la Cavalcata delle Valchirie di Wagner diffusa da un altoparlante, quando dalle bianche dune di neve arriva in bicicletta il richiamo per l’ora del pranzo.
Le relazioni sono anche quelle di coppia e familiari che si mantengono tramite il telefono. Sono generalmente comunicazioni che lasciano amarezza e accentuano la precarietà dei sentimenti e il senso di lontananza: quella di Kavamura che, abbandonato, cerca di stringere una relazione con l’operatrice telefonica, ma anche Motoyama, il giorno del suo compleanno, si sente dire dalla figlia che la mamma non ha voglia di sentirlo. Più ottimista è la dimensione del protagonista Nishimura la cui soggettività permette di avviare alcuni flashback che espongono il forte legame con la figlia, sottolineato simbolicamente dalla scena in cui il suo dente custodito gelosamente cade nel profondo buco dei rilievi. Si sporge e urla il suo nome, Yuka, generando una prolungata eco che si conclude come una risposta.
Davide Morello
Titolo originale: 南極料理人 (Nankyoku ryōrinin). Regia e sceneggiatura: Okita Shūichi; tratto dal romanzo di: Nishimura Jun; fotografia: Ashizawa Akiko; musica: Yoshiharu Abe; interpreti: Sakai Masato (Nishimura Jun), Namase Katsuhisa (Motoyama Hideuki), Furutachi Kanji (Kikishiba Ken), Toyohara Kōsuke (Fukuda Masashi), Kōra Kengo (Kavamura Yasushi), Kitarōn (Kaneda Hiroshi), Kuroda Daisuke (Nashihira Ryō), Kohama Masahiro (Hirabayashi Masahiro), Ono Karin (Yuka); produzione: Nishigaya Toshikazu; durata: 125’; uscita nelle sale giapponesi: 8 agosto 2009.