ASAKUSA KID (GEKIDAN Hitori, 2021)
DISPONIBILE SU NETFLIX
★★★
C’era una volta (e c’è ancora) Beat Takeshi
Il biopic di Gekidan Hitori, anch’egli comico e autore di testi di cabaret, oltre che regista, si concentra sulla prima parte della vita di Kitano, anche se, all’inizio e al termine del film, un sorprendente – nella somiglianza – Kitano calca le tavole esercitandosi in un tip-tap, che sappiamo essere il suo rituale scaramantico prima dell’esibizione. Il biopic è un genere non semplice da armeggiare, il rischio dell’agiografia è sempre dietro l’angolo, così come quello di banalizzare la vita del protagonista, di leggere in modo parziale e non esaustivo il suo vissuto. Possiamo dire che Gekidan con Asakusa Kid dribbli brillantemente i due rischi, tenendosi a debita distanza da ogni possibile racconto edulcorato proprio perché sceglie, partendo dall’autobiografia giovanile di Kitano, di fermarsi in tempo, prima che egli diventasse l’icona del cinema giapponese (e non solo) degli ultimi trent’anni conquistando i festival e il gradimento del pubblico di mezzo mondo.
È su questa prima parte della vita di Kitano che il regista lavora, partendo dal quartiere di Asakusa e dal teatro Français dove il giovanissimo Kitano, insicuro e già pieno di tic, muove i suoi primi passi, conquista il cuore di una ballerina ma soprattutto del suo maestro, anche se quest’ultimo, ligio al suo ruolo di capocomico, non mostra cedimenti e mantiene sempre un atteggiamento a dir poco sprezzante, pur essendo consapevole in cuor suo di aver messo le mani su un vero talento. La comicità espressa da Kitano non si coglie del tutto, o almeno rimane sullo sfondo, mentre lo sguardo del regista privilegia il registro malinconico, grazie anche alla struttura circolare del film dove un maturo Kitano, ormai pienamente entrato nel personaggio di celluloide alla Outrage, guarda con tenerezza se stesso giovane che “duella” sul palco a colpi di tip-tap con il suo maestro. Forse al film avrebbe giovato una maggiore introspezione nei meccanismi della comicità di Kitano (“non leccare il culo al pubblico… fai in modo che non ridano di te ma falli ridere tu” gli ricorda Fukami), soprattutto in funzione della poetica espressa nei suoi film, quel suo particolare lirismo fatto di intimismo e improvvise esplosioni di violenza, di struggenti e dolorosi momenti alternati a situazioni ironiche che sfiorano l’assurdo e il non-sense. Probabilmente la radice di tutto questo va cercata, anche, nella sua vis comica, nella caustica aggressività verbale alla Lenny Bruce, così cara a Kitano, che paradossalmente, una volta traslata sul grande schermo si svuota lasciando spazi a silenzi e fuochi d’artificio.
Valerio Costanzia
Titolo originale: 浅草キッド(Asakusa Kid); regia e soggetto: Gekidan Hitori, dall’autobiografia di Kitano Takeshi; fotografia: Takagi Futa; montaggio: Hogaki Jun’nosuke; scenografia: Isoda Norihiro; costumi: Miyamoto Mari; musica: xxx; interpreti: Yagira Yuya (Kitano Takeshi), Oizumi Yo (Fukami Senzaburo), Kadowaki Mugi (Chiharu), Tsuchiya Nobuyuki (Kiyoshi), Suzuki Honami (Mari), Onoue Hiroyuki (Hachiro Azuma), Kazama Morio (Jun Tayama); produzione: Arishige Yoichi, Django Film, Nikkatsu; durata: 122’; distribuzione su Netflix: 9 dicembre 2021.